Tintoria T.
Gennaio 2023.
Premessa
Fredda e grigia domenica invernale, l’ideale per una giornata di esplorazioni industriali con Mathieu Delarue. Nei nostri programmi questo posto oggi non avremmo nemmeno dovuto esplorarlo. Non era neanche un “piano B”, era proprio il “piano C”. Infatti in precedenza quella mattina ci siamo trovati davanti un posto barricato e il successivo demolito, raso al suolo. Abbiamo quindi ripiegato su questa fabbrica, che avevamo nel database dal lontano 2007 ma che nessuno di noi due aveva ancora esplorato.
Storia
Questa fabbrica fallì all’inizio del nuovo millennio. La sua storia è segnata da diversi problemi di inquinamento; anche dopo la chiusura ha fatto parlare di sé per l’amianto e per i rifiuti chimici lasciati nei capannoni.
Esplorazione
Dopo aver trovato un punto di ingresso assai più comodo di quello che conoscevamo, iniziamo ad inoltrarci verso i fabbricati, notando che uno spiazzo è pieno di alberi tagliati, rami, sfalci, scaricati qui con dei mezzi gommati. Capiamo quindi che l’area è in qualche modo usata, per cui ci muoviamo con ulteriore cautela, anche se siamo in un giorno festivo. Raggiungiamo una serie di vecchi capannoni dove i segni del tempo sono più che evidenti. Molte travi di legno dei tetti sono marcite e crollate, a terra ci sono centinaia di tegole e lamiere arrugginite; rimangono in piedi solo le colonnine in ghisa che sostenevano la struttura.


Alcuni locali invece ancora sani custodiscono diversi bidoni di plastica blu e cisterne di plastica bianca, coperte da teli. Diversi contenitori sembrano essere ancora pieni e si avverte un buon odore di chimicone nell’aria. A terra ci sono delle macchie azzurre e delle enormi chiazze scure in corrispondenza di bidoni rovesciati; qualcuno si deve essere divertito stupidamente a sversare sul suolo chissà quali schifezze.



Sentiamo dei rumori di motore e di portiere che vengono chiuse in lontananza ma non siamo sicuri del tutto che arrivino dalla strada che passa davanti allo stabilimento. Vado sulla soglia della porta di un capannone che si affaccia sul lungo viale che divide in due lo stabilimento e mi sporgo con circospezione. Scorgo a qualche decina di metri da me un uomo con giubbetto da lavoro giallo riflettente armeggiare di fianco ad un pick-up. Avviso il mio compagno e decidiamo di spostarci all’estremità esterna del lato della fabbrica in cui ci troviamo, per poi allontanarci e attraversare il viale il più lontano possibile dall’area dove avevo visto la persona. Con l’occasione esploriamo l’edificio che ospitava la centrale termica, che però è stato svuotato della caldaia e versa in pessime condizioni. Risulta essere molto più fotogenico esternamente, un grande cubo di cemento affiancato dalla ciminiera storta in mattoni e la torre piezometrica a forma di imbuto.

Attraversiamo quindi il viale, entrando nel capannone più grande di tutta la fabbrica, con tetto a sheds. Pur essendo totalmente vuoto, il colpo d’occhio è spettacolare, con tutte le colonne allineate, il muschio sul pavimento e una leggera nebbia causata dall’umidità nell’aria. A terra ci sono ampie chiazze di muschio e piantine cresciute tra le fenditure del cemento.



Anche qui ammassati vicino ad una parete ci sono parecchi bidoni blu e cisterne di plastica. Dal soffitto penzolano grossi tubi e cappe che dovevano essere collegati ai macchinari sottostanti di cui ormai rimangono solo i basamenti di calcestruzzo.



Spostandoci verso nord ci imbattiamo in quello che resta di un piccolo laboratorio chimico. Sul pavimento sono appoggiate diverse bacinelle di plastica piene di contenitori plastici di reagenti e prodotti chimici. Sopra ad un lavandino c’è ancora appeso lo sgocciolatoio per vetreria da laboratorio, ossia il classico pannello con i perni inclinati usato per mettere ad asciugare le provette e i contenitori dopo il lavaggio.


Siamo ormai al limite settentrionale del capannone e ci troviamo in un grande locale dove sono abbandonati diversi veicoli, tra cui un camion con cassone, una VW Polo, una Toyota Land Cruiser quasi completamente smontata di ogni pezzo e una roulotte. Oltre a ciò sono ammassati arredi da giardino, estintori, falciatrici, sacchi di plastica pieni di rifiuti, mobili. Facciamo fatica a capire lo scopo di questo luogo e se alcuni oggetti sono stati lasciati recentemente. Nonostante tutto la situazione sembra essere sufficientemente tranquilla per continuare la nostra esplorazione. Decidiamo però di non avventurarci troppo verso la strada, perché vorrebbe dire attraversare il piazzale dove in precedenza avevo visto movimento; il cancello dalla strada potrebbe venire aperto nuovamente dall’esterno e saremmo colti di sorpresa in piena vista.


Questo grande edificio ci regala anche un lato dove in una fossa parzialmente coperta da un soppalco in legno sono stati accumulati dei fusti plastici ancora pieni di coloranti, che con le infiltrazioni d’acqua hanno creato delle colate colorate spettacolari – se così si può dire – sul cemento.

Abbiamo esplorato tutto il possibile, così torniamo all’esterno per qualche scatto panoramico, poi torniamo all’esterno dell’area. Il cielo grigio e i riflessi degli edifici sull’acqua del canale ci rubano ancora il tempo per qualche bella inquadratura, prima di ripartire per la prossima avventura.




Conclusioni
Diciamo che per essere un ripiego, questa fabbrica ci ha salvato alla grande la giornata. La cosa che più mi ha stupito è che fosse ancora in questo stato, dopo tutti gli anni di documentato abbandono. A parte qualche scarabocchio sui muri (non recente, dato che lo spray era sbiadito) non si vedono tracce di vandalismi. I danni maggiori fortunatamente sono quelli causati dal tempo e dagli agenti atmosferici.
Le foto qui presenti risalgono a Gennaio 2023.