Gli urbex-influencers

Sono passati circa tre anni dal mio post in questo blog sui “nemici dell’Urbex” e sento purtroppo il bisogno di scrivere un altro articolo per parlare in maniera negativa della situazione italiana relativa a questo movimento. Uso il termine “movimento” quando avrei preferito il termine “passione”, ma purtroppo non è questa a trainare l’esplorazione urbana ormai, quanto la voglia di diventare famosi e guadagnare soldi grazie a questa. Non bastavano gli “esploratori antiquari” che portano via dai luoghi gli oggetti preziosi per rivenderli, no. La deriva ulteriormente negativa che cronologicamente l’Urbex in Italia sta avendo, dopo l’avvento dei social (e la diffusione incontrollata di notizie alla portata di qualsiasi essere dal pollice opponibile in grado di usare uno smartphone) è appunto quella degli urbex-influencers.

YouTube

Il canale preferito da questa stirpe è senza dubbio YouTube. Perché è la piattaforma video più diffusa, la usano quasi tutti, mediamente anche chi non ha Facebook o Instagram. Ed è anche una piattaforma che paga e può rendere molto visibile il proprio canale a chi ha degli interessi simili, grazie al lavoro dell’algoritmo. Un video è realizzabile e montabile anche con un telefonino, per cui non ci sono limiti di accessibilità ormai per chi vuole cimentarsi. Alcuni “creators” si sono dotati di droni e di stabilizzatori di ultima generazione, faretti LED, microfoni bluetooth, ma il problema è alla radice, ovvero il contenuto da mostrare. Non voglio fare quello che vede l’erba del vicino sempre più verde, ma di persone che fanno video Urbex di qualità – e non parlo di qualità video, ma di contenuti in generale – in Italia ce ne sono davvero poche, pochissime.

La qualità dei contenuti

Raramente un video Urbex italiano è coinvolgente. La maggior parte sono video girati in tempo quasi reale durante l’esplorazione, con voce narrante spesso in presa diretta che elenca quello che viene mostrato in camera, spesso senza nemmeno sapere bene di cosa si tratta. Ci sono personaggi che ogni trenta secondi chiedono agli spettatori di scrivere nei commenti cos’è questo o cos’è quello, perché non hanno una minima preparazione e non conoscono la storia, ma nemmeno i veicoli o gli oggetti del passato. C’è una buona percentuale di episodi in cui si cerca di far trapelare inquietudine, tipo “abbiamo sentito un rumore”, “non siamo soli”, “c’è qualcuno?” eccetera. Di questi poi alla fine in quanti casi si vede poi effettivamente se c’era qualcuno? (domanda retorica). Ci sono personaggi che frugano tra gli oggetti cercando di ricavare informazioni sul luogo, che però ovviamente non possono (meno male) riportare e che quindi si tengono per loro, ok, interessante… Qualcuno sta cercando di fare l’alternativo, seguendo un modello “giornalistico”, più “professionale”, andando a chiedere informazioni in loco sui luoghi abbandonati appena esplorati, facendo interviste e mettendo così sul chi va là il vicinato e così via, facendo pure chiudere i posti.

Il pubblico

Il loro spettatore medio è pigro, un po’ ignorante, non vuole seguire un video in inglese o leggere i sottotitoli; non gli interessa vivere l’avventura, a lui piace vedere la villa abbandonata dietro casa e pensare di poterci andare anche lui, così, per provare. Infatti uno dei commenti top è “dove si trova?”. Gli piace che il protagonista si rivolga a lui continuamente con appellativi tipo “amici” o “raga”, come se fosse uno della sua compagnia e che gli faccia la lista della spesa e vedere begli oggetti. Il fattore “di successo” degli youtuber nostrani è questo, raggiungere un pubblico generalista popolato in maggioranza da casalinghe annoiate e da bimbiminkia wannabe che faccia piovere cascate di like incondizionati. Perché diciamoci la verità, questo tipo di video gli altri esploratori li guardano solo per carpire informazioni sui luoghi e trovarli – ed esplorarli prima che vangano devastati, dopo la super esposizione che gli viene riservata. Ma ahimè siamo una minoranza.

Obiettivo: views

Tornando al tema influencer, l’obiettivo finale non è quello di realizzare video di qualità, l’obiettivo è solamente quello di ottenere il maggior numero di visualizzazioni possibile. Pare ci sia una vera e propria corsa a pubblicare i video delle ultime “figurine” prima degli altri Influencer concorrenti. I posti più belli ottengono più visualizzazioni e andare on-line prima degli altri è una dimostrazione di essere “migliori”. Siamo arrivati al punto che vengono realizzati e pubblicati video di esplorazioni svolte in posti attualmente in vendita dalle agenzie immobiliari, senza nemmeno curarsi di possibili conseguenze legali. O di luoghi palesemente controllati e non “così abbandonati”. A volte però, alcuni di questi video diventano improvvisamente “privati”, di solito dopo l’arrivo di qualche diffida di un avvocato. A ogni modo l’importante è avere il video pronto da mostrare al solito orario in uno o più giorni fissi della settimana. Il video in questione viene anche pubblicizzato in anticipo con “spot” sui social, con conto alla rovescia e invitanti foto di anteprima. Il video di solito contiene numerosi inviti all’iscrizione al proprio canale, a lasciare like, ad effettuare donazioni in denaro (ovviamente solo allo scopo di migliorare la qualità dei contenuti che vengono elargiti gratuitamente…), ad acquistare prodotti sponsorizzati con i loro codici sconto. Ma la funzione raccatta like del video non si esaurisce su YouTube, no. Lo stesso video viene spezzettato, vengono realizzati piccoli reel, anche uno per ogni stanza di una villa abbandonata ad esempio, poi pubblicati su Instagram e su tutti i gruppi Urbex italiani su Facebook. Ovviamente in OGNI video viene innanzitutto raccomandato di seguire la pagina sulle varie piattaforme, rendendo di fatto questi reel né più né meno degli spot pubblicitari, che vanno a interrompere lo scroll sui social.

Risultati

Ma tutto questo è sbagliato o da condannare a prescindere? No, non lo sarebbe se lo scopo fosse effettivamente quello di intrattenere e di infondere la passione per l’esplorazione urbana. Non c’è nulla di male a pagarsi grazie alle visualizzazioni un viaggio a centinaia di chilometri da casa per realizzare altri video Urbex. All’estero c’è chi lo fa e che probabilmente ormai vive solo grazie agli introiti derivanti da YouTube. Con la differenza che questi esploratori sanno intrattenere persone di tutto il mondo e hanno milioni di iscritti. Milioni.

Di fatto le intenzioni di alcuni di questi influencer nostrani con qualche migliaio di follower sono né più né meno quelle di arrivare a mollare il loro attuale noioso lavoro “tradizionale” per vivere solo dei guadagni derivanti dai social, per pagarsi il mutuo del bilocale o la rata della berlina tedesca parcheggiata in strada.

Per arrivare a ciò si aggiungono altri risvolti negativi, negativi per i luoghi. Primo, visto coi miei occhi, che con la fretta di pubblicare, l’editing dei video viene fatto di fretta e in qualche modo, con il risultato di rivelare spesso numerosi indizi che facilitano la localizzazione del luogo. Secondo, ma è solo un’ipotesi, che la caccia a nuovi followers e consensi promuova il passaggio di informazioni sugli accessi, usate come merce di scambio e per farsi “benvolere” nell’ambiente.

Conclusioni

Il futuro? Impossibile prevedere se questa bolla marrone continuerà ad espandersi fino a scoppiare. Di fatto questo trend non piace a me come non piace a diverse altre persone che conosco. Purtroppo non abbiamo molti mezzi per contrastare l’andazzo, tanto se si fanno notare i problemi si viene bloccati e/o insultati. Semplicemente cerchiamo di sfruttare a nostro favore la quantità di informazioni derivanti da questi pessimi video, anche se ormai tutto si traduce alla corsa settimanale alla figurina di turno. E speriamo che il karma dell’Urbex prima o poi faccia il suo lavoro.